Sulle origini di Olivadi non si hanno notizie sicure.
L'ipotesi più plausibile e storicamente meglio suffragata, fa risalire l'origine di Olivadi al secolo IX d.C. (seconda ellenizzazione), come effetto degli spostamenti verso l'interno del golfo di Squillace, da parte di religiosi e fuggiaschi, che incalzati dal mare (esiti della lotta iconoclasta ed incursioni musulmane), riparavano verso zone interne più sicure. Conferma di insediamenti umani già stabilmente radicati, è la presenza in territorio non distante da Olivadi di una diga in muratura risalente ad epoca normanna ed ai cui resti da sempre la nostra gente ha dato il nome di "Murorotto".
Anche su "Murorotto" le notizie sono poche ed incerte. A parte l'origine normanna (su cui non vi sono molti dubbi) e, quindi, l'epoca della sua edificazione (sec. XI), su tutto il resto regna il dubbio: non si conoscono gli scopi della sua costruzione (eventuale sbarramento di un fiume? peschiera ?), quale uso abbia avuto, se mai ne ha avuto uno: insomma il buio: che è stato terreno fertile per aneddoti e leggende. Una delle quali, vuole la diga distrutta da San Vito con un colpo di spada, in quanto edificata dal diavolo, con l'intento di fare inondare la zona. Tornando ai fondatori di Olivadi e, a rigore, non potendosi escludere del tutto una loro provenienza diversa da Squillace, essi diedero vita a quello che sarebbe diventato comunque un "Casale di Squillace".
Così come assolutamente comprovata la matrice culturale greco-bizantina dei nostri antenati, che, giunti nella "picciola terra" (comeLodovico Pontieri definisce, nel 1747), vi portarono la loro lingua ed i loro culti religiosi. Primo fra tutti quello per il Profeta Elia.
Nell'Oriente bizantino la devozione per Sant'Eli a fu ed è ancora assai viva, mentre molto tarda fu la sua accettazione nella Chiesa Romana. A marcare in modo inconfutabile l'origine greco-bizantina di Olivadi, oltre che a stabilire un legam e fortissimo con Squillace, sono proprio le tradizioni religiose ed il culto per i Santi Elia, Gio rgio, Nicola (tutti di derivazione orientale).
Il culto di Sant'Elia in particolare, introdotto dai fondatori, è rimasta la cifra peculiare e costante del nostro paese, ancora oggi unico a venerarlo come Santo Patrono.
Manco a dirlo, incertezze anche sul nome Olivadi: certa è solo la sua origine greca (che indirettamente rafforza le congetture sulla fondazione).
L'ipotesi più verosimile sembra la derivazione dal temine greco libadion, che significa prato, campo incolto. I toponimi che si rifanno a questo termine, specie nella parte meridionale della Calabria (a sud della linea Catanzaro-Lamezia) sono assai numerosi; sorprendente è il numero di località greche che presenta nomi con derivazione analoga.
Dal 1060 tutta la Calabria andò in mano ai Normanni, abili guerrieri e navigatori, provenienti dal Nord Europa e, nel 1062, Roberto il Guiscardo e Ruggero d'Altavilla (i due fratelli a capo dei Normanni), previo litigio, si divisero tra loro tutta la Calabria: a Ruggero (poi Ruggero I) toccò la parte meridionale della regione e Olivadi entrò a far parte del suo regno. Anc he ufficialmente, a partire da questa data, Olivadi lega le sue sorti a quelle di Squillace (e l o rimarranno per circa 750 anni, fino al 1806).
Nel 1271, come tutto il Regno di Napoli, Olivadi passò sotto l'influenza degli Angioini (attraverso i parenti di Carlo d'Angiò, Giovanni e Simone de Monfort), fino al 1442, anno della riunificazione, da parte di Alfonso V d'Aragona della Sicilia e del Regno di Napoli (col titolo di Alfonso I, Re delle Due Sicilie). Nel 1494, alla morte di Ferdinando I d'Aragona, il suo successore Alfonso II concesse il Principato di Squillace in dote alla figlia, che sposando un rampollo della famigli Borgia, determinò il passaggio del Principato sotto quell a Casata. Durante il regno di Carlo III di Borbone, nel 1755, Squillace ed i suoi casali (quindi anche Olivadi) furono ceduti in feudo alla famiglia messinese dei De Gregorio, di cui rimasero possesso fino al 1806, quando, con l'eversione della feudalità.
Olivadi divenne Comune autonomo e fu incluso nel circondario di Gasperina.
La storia di Olivadi (come di tutta l'Italia meridionale, del resto) è stata funestata da terribili terremoti: quelli degli anni 1659, 1743, 1783, 1905, 1908 sono da annoverarsi fra i più rovinosi.
A cavallo degli ultimi due poi, il 21 giugno 1908, fu scritta sicuramente una delle pagine più amare della storia olivadese: una strage, nella quale pers ero la vita quattro cittadini ed altrettanti furono feriti, in conseguenza di una sparatoria sulla folla da parte dei Carabinieri, intervenuti pe r sedare una manifestazione di protesta popolare , segno dell'esasperazione del popolo per la mancata ricostruzione di Olivadi dopo la sua distruzione, per effetto del terremoto del 1905.
Personaggio illustre della storia di Olivadi è il Venerabile Padre Antonio.
Olivadi diede i natali al Venerabile servo di Dio Padre Antonio da Olivadi.
Egli nacque il 1 gennaio 1653 e si narra che in quella notte una grande e prodigiosa luce, interpretata come segno di Dio, fu vista sfavillare sul tetto della casa. Entrato nell'ordine cappuccino nel 1670, Padre Antonio, fu ordinato Sacerdote intorno al 1680. Egli spese tutta la sua vita in Calabria e in ogni parte del Regno di Napoli, sorretto dalla forza delle sue opere ascetiche e con la predicazione instancabile del Cristo Crocefisso e dei Dolori di Maria. Tutto ciò gli fece guadagnare l'appellativo di "Apostolo delle Missioni". Evangelizzò per più di trent'anni l'Italia Meridionale e la Sicilia dando un valido impulso alla spiritualità delle nostre contrade e della nostra gente, facendosi interprete delle afflizioni.
Colmo di meriti e consumato dalle fatiche, il servo di Dio, chiamato Beato dalla voce popolare, chiuse la sua apostolica vita nel Convento S.Maria della Misericordia di Squillace il 22 Febbraio 1720 e fu sepolto in un angolo della cappella S.Antonio dello stesso Convento.
Il Vescovo di Squillace Mons. Abbati, iniziò il processo canonico per la sua beatificazione il 31 luglio 1736. Esso si concluse il 21 Marzo 1746, ma si interruppe per i rivolgimenti politici intervenuti. I resti mortali del Beato Antonio, ancora molto venerati fino al terremoto catastrofico del 1783, si pensava fossero stati travolti e dispersi da tale flagello. Inaspettatamente però il 10 dicembre 1995, sono stati rinvenuti nella Cattedrale di Squillace, dentro il monumento funebre del Vescovo Nicola Notaris, che evidentemente li aveva gelosamente nascosti al momento della consacrazione del nuovo tempio sacro nel 1798.
I resti mortali del Servo di Dio, sono stati nuovamente ricomposti dopo la ricognizione canonica da parte dell'Arcivescovo Mons.Antonio Cantisani, il 23 Dicembre 1995, nell'attuale cappella del Crocefisso della Cattedrale di Squillace.
Gli abitanti di Olivadi molto devoti al Beato Antonio, gli hanno intitolato una Via, una Traversa, un Piazzale e per ultimo il 20 luglio 1997 la Piazza principale del Paese.